In principio era industriale, poi economico ed ora, il divario fra Nord e Sud, si fa sentire anche sotto il profilo della salute e, cosa assai più preoccupante, soprattutto sulle aspettative di vita. Nel Meridione infatti la mortalità prematura sotto i 70 anni è molto più alta. Inevitabilmente, le poche risorse economiche, che si traducono in unassistenza sanitaria insufficiente, concorrono a disegnare un quadro sconcertante. Un Paese che soffre per lindigenza (così come al Nord), per la costante incertezza che attanaglia i lavoratori di mezza età, così come i disoccupati, accendendo la spia del mal di vivere. E non è quindi un caso se poi, nel paese in generale continua a crescere ilconsumo di antidepressivie, dato agghiacciante, il numero disuicidi. Ma la fotografia, nitida, che ha scattato il Rapporto Osservasalute 2016, a proposito dello stato di salute della popolazione e sull’assistenza sanitaria nelle regioni italiane, pubblicato dall’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane dell’Università Cattolica di Roma (presentato oggi al Policlinico universitario Agostino Gemelli), fa davvero paura. Parliamo di una spesa media sanitaria pro capite di circa 1.838 euro, più elevata nella Provincia autonoma di Bolzano (2.255 euro), e di molto inferiore nel Mezzogiorno, con la Calabria che sta peggio di tutti (1.725 euro). E rispetto alle condizioni di salute, le diseguaglianze territoriali sono evidenti. A chiarire il concetto, evidenzia il report, se nel 2015 può sperare di vivere mediamente 82,3 anni (uomini 80,1, donne 84,6), nella Pa di Trento la sopravvivenza sale a 83,5 anni (uomini 81,2, donne 85,8) di contro, un cittadino della Campania ha un’aspettativa di vita di soli 80,5 anni (uomini 78,3, donne 82,8). Il Meridione è il fanalino di coda anche sul fronte della riduzione della mortalità: negli ultimi 15 anni infatti è scesa in tutto il Paese, ma tale riduzione, soprattutto per gli uomini, è stata del 27% al Nord, del 22% al Centro e del 20% al Sud e Isole. Oltretutto, la mortalità sotto i 70 anni diviene una sorta di metro di misura nel divario tra le varie regioni. Si è osservato per esempio che dal 1995 al 2013, rispetto alla media nazionale, la mortalità under 70 nel Nord ha segnato diminuzione in quasi tutte le regioni (fatta eccezione per le Pa di Trento e Liguria); la situazione cambia nelle regioni del Centro, dove si mantiene sotto il valore nazionale, stazionario (eccetto che nel Lazio, dove la mortalità è aumentata); infine, come dicevamo, nelle regioni meridionali il trend è invece in sensibile aumento, facendo perdere ai cittadini di questa area del Paese i guadagni maturati nell’immediato dopoguerra. Come tiene ancora a sottolineare il Rapporto Osservasalute, queste marcate disparità di salute si sospetta possano anche subire le conseguenze delle politiche e delle scelte allocative delle Regioni. E il caso ad esempio degli screening oncologici che, in Lombardia, coprono la quasi totalità della popolazione mentre, in Calabria, raggiungono appena il 30% dei residenti. Certo il sospetto di mala-gestione delle risorse non è esente da tali divari. Soprattutto tenendo conto che molte Regioni del Nord migliorano la loro performance senza aumentare la spesa, rispetto a quelle del Mezzogiorno – alle quali si aggiunge il Lazio che hanno segnato un peggioramento della performance pur aumentando le risorse disponibili rispetto al dato nazionale. Preoccupa e non poco il continua aumento dell’uso di antidepressivi, e laumento dei suicidi. Il monitoraggio, risalente al 2005 racconta che il consumo registrato per questi farmaci è stato di 39,60 dosi giornaliere per mille abitanti. Poi, nel decennio 2001-2010 cè stato un aumento costante, per poi segnare una stabilità nel 2011-2012 (38,50 e 38,60) mentre, nel triennio successivo si è registrato un nuovo incremento (39,10 nel 2013, 39,30 nel 2014 e 39,60 nel 2015). Infine, anche in virtù dell’invecchiamento della popolazione, continuano ad aumentare le malattie croniche, che toccano circa 4 italiani su 10, pari a circa 23,6 milioni. Secondo i dati Istat nel 2016 il 39,1% dei residenti in Italia dichiarava di essere affetto da almeno una delle principali patologie croniche contro il 38% del 2013.